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Nostalgia del 900?

Nel glorioso Novecento la ricerca e il rapporto col vero non erano cosa stabilita a priori ma un equilibrio da conquistare di volta in volta.

È da questo dato che si può esordire per introdurre la poetica di Massimo Fiocco, vale a dire dai maestri del Ventesimo secolo: De Stael , Kokoschka, De Kooning e i nostri Afro e Santomaso. Un bel punto di partenza per i dialoghi interiori che il Nostro intrattiene con il secolo appena terminato.

Come si vede dalle opere in mostra, il paesaggio è il grande grembo nel quale germinano forme-colore che Massimo Fiocco fa nascere sulla tela passando però attraverso il lavorio della ragione la quale organizza, porta all’essenziale, a volte riscrive il dettato del vero.

Un continuo peregrinare fra astrazione e descrizione, fra tinte pure e mescole di tono più sordo. Il filo conduttore resta la poesia inespressa che muove a cercare un approdo nelle forme sensibili come a posare dopo un volo. La poeticità di Fiocco (lo confermano le sue passate esperienze di scrittura) è intensa ma segreta, con il pudore di attendere d’essere riconosciuta da parte di chi si accosti alle sue tele non solo con occhi ma con cuore aperto.

In conclusione, tornando al Novecento e alla sua eredità: l’artista ne prende le difese, con il suo buonsenso evita le contraddizioni e con la sua naturale tolleranza ne accetta i paradossi perché tutto il secolo, in fondo, è carne viva dell’umanità.

G. Tedaldi

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